Pininfarina Battista

Pininfarina Battista

Se volevi una Batmobile da grande… questa è la tua occasione per avere un’auto che assomigli un po’ alla Batmobile e abbellita con le ultime innovazioni tecniche quando si tratta di un veicolo completamente elettrico, ma senza un jet-assist fiammeggiante sul retro!

Automobili Pininfarina ha lanciato Battista, una hypercar puramente elettrica, in occasione di uno dei debutti automobilistici più entusiasmanti del 2019 a New York City, e ripreso durante un Virtual Concurs il 7 agosto 2020.

La Battista è l’auto più potente progettata e costruita vicino a Torino, in Italia, e offre un livello di prestazioni oggi irraggiungibile da qualsiasi auto sportiva dotata di motore a combustione interna. La carrozzeria in fibra di carbonio della Battista nasconde livelli estremi di tecnologia e design funzionale. È più veloce di un’attuale macchina da corsa di Formula 1 e con 1.900 CV e 2.300 Nm di coppia disponibili, la Battista combina ingegneria e tecnologia estreme in un pacchetto a emissioni zero. La batteria al litio-nichel-manganese-cobalto-ossido da 120kWh della Battista fornisce energia a quattro motori elettrici sincroni a magneti permanenti raffreddati a liquido, con un’autonomia di oltre 280 miglia con una singola carica.

Anche se Pininfarina è nota da quasi 90 anni come azienda di design automobilistico di fascia alta, questa è la prima automobile che porterà effettivamente il badge Pininfarina e sarà costruita completamente a mano in Italia.

Battista “Pinin” Farina fondò la sua omonima azienda di costruzione di carrozze a Torino, in Italia, nel 1930. La Cisitalia 202 coupé del 1947 da lui progettata fu la prima auto a entrare a far parte della collezione permanente del Museum of Modern Art di New York City. Pininfarina ha disegnato molte auto per la Ferrari, oltre ad Alfa Romeo, Peugeot e Cadillac, tra le altre. Pininfarina SpA progetterà e costruirà la Battista sulla base della loro esperienza unica di 90 anni nella creazione di alcune delle auto più iconiche del mondo. In realtà l’esterno della Battista, a prima vista, assomiglia vagamente a una Ferrari 488 rielaborata, uno dei primi progetti Pininfarina.

Le proporzioni e l’assetto della Battista sono da supercar a motore centrale: la mancanza di tubi di scarico è l’unico indizio del propulsore elettrico sottostante. Ha una trazione integrale con funzione torque vectoring.

Lungo la fiancata dell’auto ci sono ampie curve che sono un tipico design Pininfarina, mentre un’ala posteriore fluttuante e attiva fornisce il tocco finale alle proporzioni esotiche. Altro sull’ala: è fissa a velocità inferiori, ma si solleverà sopra il corpo a velocità più elevate per fornire carico aerodinamico e fungerà anche da freno pneumatico.

Gli interni della Battista sono allo stesso tempo molto high-tech e molto lussuosi, con interfacce di infotainment all’avanguardia e un’ampia gamma di colori disponibili. Due schermi si trovano su entrambi i lati del volante, quello sinistro controlla le prestazioni, quello destro i media e la navigazione. Tutte le informazioni vitali vengono visualizzate immediatamente davanti al conducente su un piccolo schermo montato centralmente. I conducenti potranno anche impostare impostazioni audio personalizzate, che vanno dal silenzio a quello che Automobili Pininfarina chiama “un caratteristico suono Battista”.

Automobili Pininfarina prevede di realizzare solo 150 Battista da $ 2 a $ 2,5 milioni ciascuna, di cui un terzo in arrivo negli Stati Uniti; oltre la metà di tale assegnazione è già prenotata dai clienti !

Sognando il ritorno di una leggenda l’Alfa Romeo,  la “33 Stradale”.

Sognando il ritorno di una leggenda l’Alfa Romeo,  la “33 Stradale”.

Alfa Romeo 33 Stradale, hypercar milionaria anche elettrica, prodotta in soli 33 esemplari, già tutti venduti

di Giuseppe De Pietro

   Svelata al Museo storico di Arese la vettura ispirata al gioiello del 1967. Telaio e motore V6 Nettuno della Maserati MC20 evoluto, potenza di oltre 620 Cv e velocità massima di 333 km/h. Disponibile anche una versione elettrica su base Maserati Folgore: ben 750 Cv. Produzione limitata a 33 esemplari, prezzo milionario.

Elevatissima la personalizzazione, fonte di profitti notevoli per i brand premium: ogni modello è stato sviluppato dalla neonata “Bottega” di Alfa Romeo con sede nel Museo di Arese a stretto contatto con il cliente per creare vetture uniche, con la possibilità di firmare il numero di telaio. La 33 Stradale consolida il percorso di Alfa Romeo nella produzione di esclusive “few-off” realizzate con processi artiginiali a stretto contatto con il cliente.

“Con la nuova 33 Stradale abbiamo voluto creare qualcosa che fosse all’altezza del nostro passato e di cui gli Alfisti potessero essere orgogliosi. È la prima “fuoriserie” del marchio dal 1969, e prometto non sarà l’ultima”, afferma Jean-Philippe Imparato, Ceo di Alfa Romeo.

Con la 33 Stradale Alfa Romeo si pone un obiettivo ambizioso: creare una vettura da pista adatta all’utilizzo quotidiano. Il telaio è in alluminio e fibra di carbonio. Il design presenta una parte frontale dalle linee muscolose con l’iconico scudetto o trilobo e gruppi ottici a base ellittica. La linea laterale è slanciata, con porte ad apertura “elitra” e due ampie prese d’aria. Grazie all’apertura ad angolo delle porte e all’ampia vetratura del tetto, la sensazione per il guidatore è di essere a bordo di un jet. La parte posteriore è caratterizzata dalla coda tronca con fanali tondi e il design a “V” del cofango (cofano e parafango). Per scelta non ci sono profili attivi per la gestione dell’aerodinamica. All’interno spiccano due elementi iconici: volante sportivo a tre razze senza comandi e il quadro strumenti a “cannocchiale”.

Per assicurare performance e piacere di guida la nuova 33 Stradale ha sospensioni a doppio braccio con ammortizzatori attivi e monta un propulsore 3.0 V6 biturbo in posizione centrale e trasversale. La potenza è di oltre 620 CV, con cambio Dct a 8 rapporti. La trazione è posteriore con differenziale elettronico. La versione elettrica (Bev), avrà invece una potenza di oltre 750 CV e un’autonomia stimata in 450 km (WLTP). Impressionanti le performance: 333 km/h di velocità massima indicata e accelerazione da 0 a 100 km/h in meno di 3 secondi, frenata da 100km/h a 0 in meno di 33m. Il set up si avvarrà della collaborazione del pilota di F1 Valtteri Bottas sulla pista di Balocco.

Due le modalità di guida Strada e Pista per portare la vettura al limite con la possibilità di disattivare il controllo di trazione e di utilizzare l’opzione partenza veloce attivabile con il tasto “Quadrifoglio”. Il sistema frenante è dotato di tecnologia Alfa Romeo Brake-By-Wire con dischi carboceramici Brembo. Tre le colorazioni disponibili due tonalità di rosso e blu imperiale. Due le proposte per gli interni: Tributo in pelle e alluminio o Alfa Corse in carbonio e alcantara.
Giuseppe De Pietro
Valentino Balboni, l’uomo collaudatore delle Lamborghini

Valentino Balboni, l’uomo collaudatore delle Lamborghini

di Roberto Luongoù

Valentino Balboni non ha certo bisogno di presentazioni. I collaudatori non godono della stessa fama dei piloti veri e propri. Tuttavia non sono meno rispettati da tutti coloro che costituiscono e gravitano intorno a quel meraviglioso universo delle auto esotiche.

Abbiamo avuto il piacere di incontrarlo nella sede Lamborghini a Roma in via Bissolati. Valentino ci ha accolti con il suo sorriso smagliante ed è raro non vederlo sorridere. Dopo tutto, aver trascorso 40 anni guidando Lamborghini, è davvero difficile non sorridere. La sua storia d’amore con la casa di Sant’Agata comincia quando era poco più che ventenne. Per caso si trovava a passare nei pressi della fabbrica Lamborghini e, ancora per caso un uomo che scaricava da un camion delle carrozzerie di “Miura” gli chiese di aiutarlo. Da quel giorno in poi iniziò una storia d’amore con Lamborghini durata 41 anni. Esordisce come apprendista meccanico, per poi qualche anno dopo, diventare collaboratore. Era il 1973 e la sua prima auto da collaudare era una delle ultime Miura SVs costruite. Da allora  si può ben dire che Valentino Balboni di Lamborghini ne ha guidate. 
A Volerlo fortemente come collaudatore fu proprio Ferruccio Lamborghini, il patron. Di lui Valerio conserva un bellissimo ricordo. Lo descrive come una persona molto umile, di grande carisma, pieno di idee strabilianti e soprattutto con una grande voglia di fare qualcosa di diverso. 
Il sorriso Valentino non lo perde neanche quando gli si chiede quale delle tante “auto esotiche” guidate preferisce. La risposta arriva secca e decisa. La “Miura” è e sarà per sempre il suo primo amore, mentre la prediletta è senza alcun dubbio la “Countach”. Ed è proprio testando una Countach che Balboni subisce un incidente grave. L’improvvisa uscita di un camion fa sì che la Lambo guidata da Balboni si ribalti più volte terminando la corsa sul tettuccio. La Countach era distrutta, ma nessuno riportò conseguenze.

C’è stato un momento, nella sua carriera, in cui gli chiesero se avesse voluto diventare un pilota da corsa. Ma per Balboni il momento che stava vivendo con la casa di Sant’Agata era importante, ed altrettanto era il suo lavoro di sviluppo e collaudo dei veicoli. Così mantenne la decisione di continuare a concentrarsi su quello che era il suo lavoro. Decisione dimostratasi saggia. In più il collaudatore si differenziava per una qualità, la conoscenza del prodotto quindi del veicolo. Molto spesso capitava di venire chiamato per una dimostrazione, anche pratica, del veicolo all’acquirente. Ciò era voluto da Ferruccio Lamborghini non solo per l’immagine dell’azienda, ma anche perché era giusto che il cliente conoscesse le potenzialità della vettura.

Attività che Valentino Balboni porta avanti ancora oggi nonostante sia in pensione. È qualcosa che va al di là di ogni concetto di business e altresì della vera passione. Si tratta del puro piacere di fare qualcosa per Lamborghini. La sua vita è stata sempre collegata a Lamborghini, per Lamborghini. Nonostante siano trascorsi 50 anni, Valentino è come se vivesse ancora quel fatidico primo giorno. Per nessuna ragione cambierebbe marchio. Ancora oggi Balboni è convinto che Lamborghini conservi il suo carattere e la sua personalità. È quello che viene chiamato “DNA”.  Il suo è entusiasmo genuino per la casa di Sant’Agata ed è proprio ciò a spingerlo nel continuo “fare” per Lamborghini. 
Parlando del futuro, trova di buon auspicio la realizzazione da parte del brand di un SUV. “Un’auto del genere spinta da un 12 cilindri è qualcosa di veramente eccitante da guidare!”. L’unico rimpianto riguarda il fatto che le auto moderne stiano perdendo pian piano il piacere del cambio manuale. Guidare un’auto sportiva con un cambio manuale, rende tutto ancora più eccitante. 
Infine quando gli chiediamo che auto guida oggi, senza dubbi risponde quella che Lamborghini gli ha dedicato. La Gallardo LP 550-2. Oltre a portare il suo nome, tale vettura segna anche il ritorno alle origini del marchio poiché riprende la trazione posteriore. La leggenda ha dato vita ad un altra leggenda.

Pagani e le sue auto solo per chi le sogna

Pagani e le sue auto solo per chi le sogna

di Roberto Luongo

C’è un’azienda a San Cesario sul Panaro, di cui conoscerete certo il nome, è la Pagani, l’azienda nata dal sogno di un uomo nato in Argentina, ma con l’Italia dei suoi avi nel sangue e che un bel giorno ha deciso che avrebbe costruito automobili da sogno – e che lo avrebbe fatto in Italia.

La nascita della casa automobilistica coincide con quella di Horacio Pagani, argentino di origini italiane (il nonno paterno era piemontese) che nel 1982 prende la via di ritorno, direzione Modena, su consiglio dell’idolo di gioventù Juan Manuel Fangio. La gavetta passa per l’assunzione alla Lamborghini con qualifica di operaio metalmeccanico di terzo livello, l’affinamento delle proprie competenze per il lavoro nei team di progettazione della Countach Anniversary, della Diablo e della mai nata erede della Jalpa, rimasta alla sigla P140: prima come dipendente e poi come collaboratore esterno, dopo avere fondato nel 1988 la Pagani Composite Research.

Verso la fine degli anni ottanta, Pagani fa circolare i primi disegni di una granturismo, che vorrebbe chiamare Fangio F1 (il nome interno è C8): nel 1992 il primo prototipo è pronto, e i buoni uffici della leggenda Fangio presso la Mercedes assicurano a Pagani la fornitura di motori AMG. Nel 1995 il cinque volte iridato Juan Manuel Fangio muore, e Pagani per rispetto cambia il nome alla propria vettura, che ancora deve essere presentata: diventa così Zonda, un vento delle Ande secco e polveroso, simile al foehn delle nostre Alpi. La Zonda vede la luce al Salone di Ginevra del 1999: le linee ricordano le Gruppo C della stessa AMG; il motore è un 6.0 V12 che, nel 2000, con la versione S, diventa prima un 7.0 e poi un 7.3, con 558 CV di potenza. Le varie evoluzioni della Zonda portano a una potenza massima di 650 CV, e alla costruzione in circa 80 esemplari con carrozzeria coupé o roadster. La sua erede, la Huayra, è il modello che traghetta la casa modenese fino ai giorni nostri.

Trattasi di auto per veri e propri intenditori, anche se, essere intenditori della Pagani auto, non basta per possederne una: stiamo parlando di un marchio a dir poco prestigioso del panorama automotive mondiale. La Pagani fa infatti rima con super car: la sua fortuna la si deve al suo fondatore Horacio. Inoltre, va detto, l’avere avuto i natali in territorio modenese ha aiutato l’azienda a diventare il simbolo, il mito, che è oggi. E pensare che il “papà” della Pagani nasce in Argentina e solo in un secondo tempo arriva in Italia, e – appunto – a Modena.

Ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire qualche cosa di più di questa casa automobilistica italiana Siamo negli anni ’90 – dunque quasi “ieri” – quando Horacio Pagani, argentino di origini italiane ma trapiantato in territorio modenese, fonda la Pagani Automobili, una Casa automobilistica il cui core business sono le supercar di lusso. L’indirizzo è San Cesario sul Pagano, naturalmente in provincia di Modena, culla di tanto genio nel settore della meccanica. Ma prima di entrare nel merito della Pagani, un cenno alla biografia di Horacio Pagani, suo fondatore nonché proprietario, è d’obbligo. Non si può infatti prescindere dalla sua storia, per raccontare quella della Pagani.

Horacio Pagani nasce nel 1955 in Argentina, nei pressi di Santa Fe, e lì trascorre la sua infanzia: è figlio di un immigrato italiano di origini lombarde. Come è giusto che sia quando si parla di personaggi della sua taratura, appare quasi superfluo raccontare che fin da subito il piccolo Pagani dimostra il suo amore innato per tutto quanto ha un motore, in primis auto e moto.

Nel 1982 arriva in Italia e infatti, ancor prima della maggiore età, Horacio si cimenta in una prima avventura imprenditoriale. Da quel momento non smetterà mai di dedicarsi al mondo automobilistico: in particolare, impara a lavorare la fibra di vetro e per questo motivo viene notato dalla Renault: in poco tempo è nel team. Un’esperienza importante, che gli lascia una bella eredità: Horacio è in grado di progettare e realizzare auto leggere.

A Modena ci arriva perchè a un certo punto conosce Guido Alfieri, all’epoca ingegnere capo della Lamborghini. E infatti, dopo Renault, la carriera di Pagani prosegue proprio in Lamborghini. Un marchio certamente prestigioso, che però non dà a Pagani la soddisfazione ricercata: le mansioni non sono quelle che si aspetta. Decide quindi di lasciare Lamborghini per aprire un’attività tutta sua.

Naturalmente muove piccoli ma decisivi passi: prima si fa strada sul territorio, al servizio dei locali, per poi aprirsi al mondo e diventare la casa automobilistica nota a tutti. Pagani e “la” Pagani puntano principalmente sui materiali leggeri: l’argentino sa che alleggerire il peso dell’auto è il primo passo verso il successo. In modo particolare, Pagani è innamorato della fibra di carbonio. Questo amore gli costa: è ancora in Lamborghini quando decide di fare un investimento che lo farà svoltare.

Per acquistare l’attrezzatura idonea a lavorare la fibra di carbonio, deve mettere una sorta di ipoteca sulla propria casa. I frutti dell’investimento non tardano ad arrivare: alla fine degli anni Ottanta, dalla collaborazione tra Pagani e Lamborghini nasce la Countach.

E’ il 1988 quando Pagani inizia a lavora al cosiddetto Progetto C8, ossia la realizzazione di una auto interamente in fibra di carbonio e la Pagani vede la luce. Ma la Lamborghini non è più la “vecchia” Lamborghini, nel frattempo è diventata proprietà della Chrysler. La quale, del progetto C8, non è convinta. Horacio decide quindi di fondare la Pagani Automobili SpA e di lasciare la Lamborghini, per dare spazio al suo progetto.

E’ il 1993 quando nasce il primo prototipo interamente in fibra di carbonio. Nel 1999, a Ginevra, in occasione del Salone dell’Auto, ha luogo il debutto della prima auto in fibra di carbonio firmata Pagani: si tratta della Zonda C12. A tal proposito, va detta una curiosità: la Zonda C12 non avrebbe dovuto chiamarsi così, ma furono gli eventi dell’epoca a far cambiare il nome inizialmente prescelto.

Sebbene le automobili siano state forse il primo e il più grande amore per Horacio Pagani, ciò non gli ha impedito di sposarsi con Cristina e di mettere su famiglia, Frutto del matrimonio sono infatti due figli, Leonardo Ezequiel e Christopher. Quella di Pagani è un’impresa che inorgoglisce l’Italia, tanto che nel 2018 li è stata conferita la Laurea Magistrale Honoris Causa in Ingegneria del Veicolo dall’Università di Modena e Reggio Emilia.

La Pagani è infatti una sorta di punto di riferimento, un mito, qualcosa da premiare e da far visitare. Infatti, negli anni ha fatto parecchi proseliti, tanto che a San Cesario sul Panaro sempre in territorio modenese e precisamente in via dell’Industria ha luogo da circa un paio di anni – il Museo Horacio Pagani che ospita le sue creazioni.

Il museo può essere visitato quotidianamente secondo orari prestabiliti: ci si può andare liberamente o, ancora meglio, per accrescere la propria esperienza, si può prenotare insieme alla visita della fabbrica. Naturalmente visitando l’esposizione si possono ripercorre tutti i punti salienti della carriera di Horacio, perchè sono esposti tutti i veicoli che hanno fatto la storia della sua carriera e, quindi, la storia della Pagani.

I profitti delle case automobilistiche di lusso stanno raggiungendo ora livelli mai visti prima, poiché le prenotazioni di Lamborghini, Ferrari e Rolls-Royce ‘post pandemia’ sono esplose con la domanda dei ricchi del mondo.

I profitti delle case automobilistiche di lusso stanno raggiungendo ora livelli mai visti prima, poiché le prenotazioni di Lamborghini, Ferrari e Rolls-Royce ‘post pandemia’ sono esplose con la domanda dei ricchi del mondo.

Proprio come in tutto il mondo, i più ricchi hanno tagliato i consumi durante il 2020, con cali a “doppia cifra” delle vendite per i produttori delle auto più ambite, afferma Felipe Munoz della società di ricerche di mercato Jato Dynamics.  Ma “i clienti di queste auto non sono stati esposti come gli altri” alle ricadute finanziarie della crisi, aggiunge. Per i ricchi, “la maggior parte del problema era che non potevano uscire di casa”, dice Munoz. “Hanno semplicemente rimandato i loro acquisti.” Il rimbalzo per le auto esclusive era già in corso nell’ultimo trimestre del 2020 quando hanno nuovamente cominciato ad usare le loro carte di credito platino, ammortizzando il colpo della pandemia rispetto ai produttori del mercato di massa.  Le vendite annuali dello scorso anno della Lamborghini hanno superato il record del 2019 a 7.430 veicoli, guidati dal potente SUV Urus del produttore italiano con un fatturato di circa 200.000 euro ($ 220.000 negli Stati Uniti). Le fabbriche chiuse hanno significato che le vendite alla Ferrari sono crollate del 10% lo scorso anno, a 9.119. Ma i dirigenti del cavallino nero affermano che ora c’è un “libro degli ordini a livelli record”, alimentato dalla SF90 Stradale da 450.000 euro – la prima ibrida plug-in della casa automobilistica italiana – così come la due posti senza parabrezza Monza, sembra da 1,7 milioni di euro. La Ferrari spera di superare le 10.000 unità il prossimo anno, quando diventerà l’ultimo produttore di lusso a offrire un SUV con il “Purosangue”.

Andando in Cina –

Nonostante i pezzi unici di Rolls-Royce, la maggior parte anche tra i produttori più lussuosi ha seguito tendenze come la marcia inarrestabile del SUV – e una svolta attenta all’ambiente verso l’elettrificazione, sottolinea Crunelle di Deloitte. L’analisi di Jato Dynamics ha mostrato che le auto sportive hanno rappresentato solo il 5% delle vendite di lusso lo scorso anno, mentre la quota di mercato dei SUV ha superato per la prima volta le coupé. In Gran Bretagna, Bentley e McLaren hanno licenziato migliaia di lavoratori all’inizio dell’epidemia di virus, solo che Bentley ha registrato vendite record di 11.000 unità guidate dal SUV Bentayga da 200.000 euro. Rolls-Royce ha visto il suo miglior trimestre all’inizio del 2021, alimentata dalla sua coupé New Ghost e dal SUV Cullinan da 2,6 tonnellate e 350.000 euro, il più costoso sul mercato. E l’Aston Martin, la favorita di James Bond, è tornata dall’orlo della bancarotta con il suo modello DBX quasi altrettanto robusto. Guardando al futuro, “la produzione per quest’anno è al completo”, afferma Muller-Otvos di Rolls-Royce. L’Europa e il Nord America rimangono mercati solidi per i marchi di lusso, ma la Cina è dove si può trovare la maggior parte della crescita. “È la regione più importante al mondo per la creazione di ricchezza e le automobili sono ancora un segno di status molto potente”, afferma Crunelle. Munoz prevede che “con sempre più milionari e miliardari (in Cina) ogni anno, è probabile che la tendenza continui”.

Roberto Luongo

 

La Tesla per pochi, non per tutti : una Roadster da 1,3 milioni di euro

La Tesla per pochi, non per tutti : una Roadster da 1,3 milioni di euro

Di: Roberto Luongo

L’auto che si produce a Palo Alto è l’ultima dei 2.500 esemplari prodotti. Il prezzo; non per tutte le tasche 3,3 milioni di euro
In tanti investono sulle auto d’epoca perché sanno che il loro valore potrà aumentare con il passare degli anni. Ma qui siamo di fronte ad un vero affare: per i proprietari almeno, forse per gli acquirenti non tanto.
Su un sito di annunci statunitense, infatti, è comparsa una Tesla Roadster ad una cifra da capogiro: 1,3 milioni di euro (o per essere precisi, 1,39 milioni di franchi svizzeri). Una somma niente male per la prima creatura di Elon Musk, la cui discendente complice la “follia” di voler usare dei razzi promette prestazioni a dir poco assurde: 0-100 in 1,1 secondi.
L’auto è tutta originale (e ci mancherebbe) ed è l’ultima delle 2.500 Roadster che la Casa di Palo Alto produsse tra il 2008 e il 2011. Ha sicuramente un valore storico non indifferente, visto che oltre al numero di telaio 2.500 è anche una degna rappresentante del primo modello Tesla che, adottando batterie agli ioni di litio, ha lanciato definitivamente questa tecnologia nel mondo delle vetture a batteria.
Anche noi nei mesi scorsi, per verificare lo stato di usura di una batteria dopo 10 anni di utilizzo, abbiamo usato proprio un esemplare del primo modello di Elon Musk.
La più grande peculiarità dell’auto in vendita però è che non ha percorso neanche un km. È stata conservata in condizioni perfette, con le gomme appoggiate su speciali supporti per evitare che si deformassero e con la batteria tenuta costantemente ad un livello di carica ottimale. Ha anche ancora la copertura originale del volante e dei freni.
In passato un’altra Tesla Roadster fu messa in vendita per una cifra simile. I proprietari spacciarono per prototipo l’esemplare con numero di telaio 32, asserendo che fosse ancora di pre-produzione. Fu messo online nel 2016 a 1 milioni di euro ma non si sa se sia andato effettivamente venduto.
Casi speciali a parte, la Tesla Roadster in realtà non ha ancora raggiunto cifre da capogiro. In circolazione ce ne sono ancora almeno 2.000 e il prezzo medio si aggira tra i 50.000 e i 70.000 dollari (40-60.000 euro).
Queste le caratteristiche tecniche dell’auto:
• Lunghezza: 3,95 metri
• Larghezza: 1,87 metri
• Altezza: 1,13 metri
• Passo: 2,35 metri
• Peso: 1.237 kg
• Batteria:53 kWh
• Autonomia: 393 km
• Potenza max: 215 kW
• Coppia max: 380 Nm
• Velocità max: 201 km/h
• 0-100: 3″9
• Cx: 0,36
• Prezzo di vendita da nuova: 109.000 dollari

La rete non ha apprezzato
Insomma, tornando alla Tesla n. 2500 pare proprio che i proprietari ci abbiamo provato, sperando nel colpaccio. Ma la rete non ha tardato a commentare.
Tra gli interventi più esilaranti quello di un utente che ha scritto: “Al mondo c’è solo una Tesla Roadster che può valere 1,5 milioni di dollari. Peccato che quella Tesla Roadster abbia lasciato questo mondo e fluttui nello spazio a milioni di km di distanza”. In effetti, non osiamo immaginare quanto potrebbe valere se fosse riportata sulla Terra.