Alta Gioielleria

Alta Gioielleria

di Cristina Colonna Ravazzi

Il raccolto palazzetto di città dove anche Leonardo da Vinci alloggiava mentre dipingeva il Cenacolo è diventato la casa incantata di quindici manichini candidi e con occhi di Swarovski che hanno dato vita a piccoli quadri di vita domestica.

Abiti Haute Couture (di ChanelGivenchyArmani Privé e Valentino per citarne solo alcuni) e gioielli “one off” firmati dai migliori brand del mondo (Cartier, Boucheron, Van Cleef&Arpels, Tiffany, Mikimoto etc.) per un concerto d’arpa o una cena di mezzanotte, una conversazione al caminetto o un momento di concentrazione alla scrivania.

 

Una impercettibile ma focalizzata illuminotecnica messa a punto, valorizzava il potere ipnotico delle pietre preziose, la luce delle perle, lo scintillio dei diamanti, i dettagli sartoriali di abiti che raramente si ha l’occasione di vedere da vicino. Anche per salire a bordo della Maserati parcheggiata nel chiostro i manichini indossavano abiti da sogno creati dal team di Magia 2000.

Per vedere questo spettacolo hanno sfidato la pioggia il chairman di Condé Nast International Jonathan Newhouse, il direttore del magazine Franca Sozzani, Matteo Marzotto, Carine Roitfeld, le top model Eva Riccobono e Bianca Balti, la conduttrice televisiva Filippa Lagerback, il designer di accessori Giuseppe Zanotti. Ma anche, naturalmente, Giorgio Nicola della gioielleria Cusi e i fratelli Pennisi della storica boutique milanese, il direttore della boutique Van Cleef & Arpels Andrea Tripodo, i titolari dei più noti brand italiani di gioielleria come Pilar Coin di Roberto Coin, Andrea Broggian di Mimì, Laura Bicego di Nanis e moltissimi altri.

     

Rossella Brescia testimonial della Maison di alta gioielleria Il Diamante

Rossella Brescia testimonial della Maison di alta gioielleria Il Diamante

Sergio Ferroni

La Maison di alta gioielleria Il Diamante e Rossella Brescia hanno siglato una partnership ad alto tasso di raffinatezza. Maurizio Martone founder de Il Diamante spiega il perché di questa collaborazione:  “Rossella passa con disinvoltura dal teatro alla radio, dalla danza alla televisione ed ogni volta lo fa con competenza e serietà. Proprio come noi ama il suo lavoro e cerca la perfezione”.  Roberta Bardon, CEO dell’azienda, sottolinea:  “Stile, eleganza, etica e professionalità sono qualità che ci accomunano. È stato quindi naturale per noi immaginarla come testimonial”.

Fondato a Valenza nel 1995, grazie alla sua expertise Il Diamante è da anni partner produttivo dei più prestigiosi marchi del settore in Italia e all’estero e da due anni firma linee proprie che lo hanno fatto conoscere sia nell’ambito delle fiere nazionali ed estere sia ad una clientela finale che cerca gioielli unici e inimitabili. “Il Diamante ha un twist contemporaneo e, proprio come me, è versatile. Per questo anche i gioielli con un design più ricercato sono perfetti in qualsiasi occasione” sottolinea Rossella Brescia che è stata conquistata dallo stile esclusivo e raffinato del brand. La Maison unisce infatti know-how, maestria, precisione e creatività, come dimostrano le 20 linee che includono anche due brevetti esclusivi: il 4D e la personalizzazione.  La proprietà crede nei giovani e nella ricerca, non a caso Maurizio Martone è stato il primo insegnante in Italia di microincassatura, e punta sulla formazione costante del personale. La sede, in fase di ampliamento, sta investendo importanti risorse per diventare un’azienda a basso impatto ambientale ed entro fine anno si comporrà sia di uno stabilimento che affiancherà l’artigianalità alla tecnologia più innovativa sia di un moderno showroom per accogliere la clientela italiana e internazionale. La Maison inoltre vanta la certificazione Responsible Jewellery Council, la più importante del settore orafo, per cui nel rispetto dei diritti umani e ambientali seleziona catene di approvvigionamento e filiere di produzione regolamentate. A proposito di questi temi Rossella Brescia ricorda:  “Completamente made in Italy,  Il Diamante sa unire estetica ed etica. L’aspetto etico per me è un valore imprescindibile che fa la differenza. Nell’alta gioielleria come nella vita”.

 

Credits – Ph: Marco Barbaro – MUA: Anna Di Florio – Hairstylist: Nicola Botta – Styling: Miriam Marazziti

 

Anya Taylor-Joy: quella preziosissima collana lunga Tiffany & Co. indossata sulla schiena. La scollatura dell’abito Dior è stata impreziosita da una lunga collana di Tiffany & Co. disegnata da Elsa Peretti.

Anya Taylor-Joy: quella preziosissima collana lunga Tiffany & Co. indossata sulla schiena. La scollatura dell’abito Dior è stata impreziosita da una lunga collana di Tiffany & Co. disegnata da Elsa Peretti.

Anya Taylor-Joy continua a stupirci con i suoi red carpet caratterizzati da meravigliosi abiti colorati, spesso illuminati dai gioielli Tiffany & Co.. Agli Emmy Awards 2021 ha sfoggiato un abito Dior Haute Couture di raso color crema con stola giallo limone, look caratterizzato da uno strascico e un’importante scollatura sulla schiena. Ed è proprio lì dietro, dove si vede la pelle color madreperla, che si nota ciondolare la lunga collana di diamanti scelta per adornare la star. La protagonista della serie tv La Regina degli scacchi ha infatti fornito una preziosa lezione di stile su come scegliere i gioielli per adornare il corpo, stupendo non solo con i diamanti ma anche con l’effetto sorpresa. La moda d’indossare la lunga collana sulla schiena non è però nuova, ma risale a un secolo fa, quando i sautoir lunghissimi venivano portati liberi sulla silhouette, muovendosi a ritmo di jazz. Le dive hanno invece trasformato questa gestualità in un escamotage per adornarsi di preziosi per mostrare scollature importanti. Per l’occasione Anya Taylor-Joy ha scelto due collane di platino di Elsa Peretti della collezione Diamonds by the Yard di Tiffany & Co., catene fluide e raffinate e definite da diamanti montati a castone; per completare il look ha sfoggiato orecchini di diamanti a forma di stella, un braccialetto di zaffiri gialli e diamanti baguette della collezione Blue Book Collection, infine l’anello con zaffiro giallo da oltre 17 carati e uno a tema floreale, tutto della nota maison.

Roberto Luongo

 

Da Valenza agli Emirati Arabi Uniti. Il Diamante al JGT Dubai, il salone mondiale della gioielleria

Da Valenza agli Emirati Arabi Uniti. Il Diamante al JGT Dubai, il salone mondiale della gioielleria

La fiera internazionale della gioielleria è l’occasione per far conoscere agli operatori del settore l’eccellenza artigiana de Il Diamante, azienda famigliare fondata nel 1995 da Maurizio Martone, primo insegnante in Italia di microincassatura, e dalla socia e compagna di vita Roberta Bardon. La sede dove prendono forma i gioielli e lo show room sorgono a Valenza Po (AL), uno degli epicentri della tradizione orafa made in Italy. La cura dei dettagli, l’impiego di tecnologie avanzate, l’attenzione nella selezione dei diversi materiali e le certificazioni che attestano la provenienza delle pietre sono fattori che hanno permesso a Il Diamante di essere scelto come partner produttivo dai più prestigiosi marchi del settore in Italia e all’estero. Il brand vanta anche la certificazione Responsible Jewellery Council, la più importante del settore orafo perché incentrata sulla trasparenza e legata alle pratiche responsabili per l’etica aziendale, i diritti umani, l’ambito sociale e le questioni ambientali. Grazie alla certificazione RJC Il Diamante è inserito nella catena di fornitura di grandi gruppi nazionali e stranieri. Da sempre attenta alla ricerca e all’innovazione, la proprietà è stata tra le prime a Valenza ad utilizzare il microscopio ed ha sviluppato due brevetti unici: uno per la realizzazione di gioielli 4D ed uno per la personalizzazione dei manufatti. Studiata per donare un’imponenza sublime ad ogni creazione, l’incassatura 4D presenta intorno alla pietra centrale, come ad avvolgerla, l’incastonatura di pietre laterali che donano una lucentezza unica da tutte le angolazioni. La tecnica usata per la personalizzazione consente invece di lavorare su spessori minimi dell’oro realizzando in maniera rapida e versatile oggetti impreziositi con diamanti così da creare un gioiello artigianale con una customizzazione unica al mondo e non replicabile in fusione per via delle misure estremamente ridotte e delle infinite varianti legate alle scritte incastonate con diamanti. La proprietà nel 2020 ha deciso di affiancare all’attività di conto terzista per i più rinomati marchi italiani e internazionali del lusso la produzione di linee di alta gioielleria destinate ad un target alto spendente che ricerca gioielli unici e inimitabili. Oltre allo studio del design delle diverse gamme i fondatori hanno ragionato in termini di investimenti strutturali, di ampliamento della sede di produzione, di acquisto di software di precisione, di un e-commerce che permette ai clienti di vivere l’esperienza di una boutique virtuale ed ha puntato sull’acquisizione di nuove figure professionali e sul personale, oggi composto da collaboratori giovani, dinamici e creativi.

 

 

Intervista l creatore di Cartier

Intervista l creatore di Cartier

Di Sergio Ferroni

Intervista all’inventore del lusso Ha adattato Cartier ai tempi moderni, ha anticipato la tendenza a legare il lusso all’arte e la sua mano si nota ancora nelle scelte strategiche del colosso Richemont

L’ufficio di Alain-Dominique Perrin presso la Fondation Cartier pour l’art contemporain di Parigi è uno spazio relativamente sobrio per un uomo che da mezzo secolo detta il lusso in tutto il mondo. Nella cornice spiccano i libri sulle mostre d’arte d’avanguardia che da 32 anni ospitano la fondazione da lui presieduta sin dal primo giorno. A 74 anni, Perrin conserva l’incrollabile vitalità che lo ha portato a guidare Cartier negli anni cruciali dal 1976 al 1998 e che lo mantiene come una delle voci principali di Richemont, il colosso che racchiude alcuni dei marchi di alta orologeria. importanza, come lo stesso Cartier, Vacheron Constantin, Jaeger-LeCoultre e A. Lange & Söhne. In questa intervista esclusiva a Tiempo de Reloj, rievoca alcuni dei passaggi più rilevanti della sua biografia e analizza il futuro del settore.

Sei nato nel 1942, lo stesso anno in cui morì Louis Cartier. Non è una reincarnazione?

È un segno. Ho iniziato con Cartier nel 1969, ma non ci sono sempre stato. Ho diretto Richemont dal 1999 al 2003 e sono andato in pensione mezza pensione. Ora con Johann Rupert definisco la strategia del gruppo. E per te tutto è iniziato quando vendevi accendini Cartier. Sì, l’ho fatto per sei mesi, è stato un successo e Robert Hocq [proprietario della società di accendini Silver Match] mi ha assunto. Sono stato suo subordinato per alcuni mesi. Poi mi ha nominato capo delle vendite e un anno dopo ero già direttore generale della [linea più leggera] Briquet Cartier. Successivamente abbiamo lavorato con due o tre persone sul concetto di Les Must de Cartier. Ho scritto il concetto […]. Hocq, che era più finanziario, acquistò la maggior parte di Cartier perché Briquet era solo una licenza. Nel 1971 abbiamo comprato Cartier Paris, nel 1974 sono andato a comprare Cartier London perché parlava inglese, e nel 1978 abbiamo comprato Cartier New York con l’aiuto della famiglia Rupert.

Perché creare Les Must de Cartier e non recuperare lo storico marchio?

L’azienda stava perdendo denaro e la redditività era necessaria per sviluppare l’attività. Negli anni ’70 i successi del lusso in Francia furono pochi. Solo l’accendino Dupont e poco altro. Yves-Saint Laurent non esisteva e il lusso era un affare da negozi, non grandi aziende. Hermès aveva un negozio a Parigi e un altro a Cannes. [Louis] Vuitton dormiva con un negozio in Avenue Marceau. Il concetto di Les Must de Cartier era molto forte e c’era un’opportunità nel mercato. Era un marchio con prodotti costosi e di lusso, con una distribuzione specializzata in gioiellerie e tabaccherie oltre la boutique Cartier in Rue de la Paix.

Stavano reinventando il lusso?

Sì. Il successo è stato enorme ed è arrivato rapidamente. Non c’era mercato e l’abbiamo creato in due o tre anni, ei benefici sono stati molto importanti. […] Ho rifatto il modello Santos nel 1978 ma l’orologio più importante è stato il Tank. Abbiamo sviluppato una collezione di otto o nove modelli in oro e abbiamo iniziato a venderli nelle gioiellerie di tutto il mondo. La politica del suo Paese lo ha riconosciuto: la Legion d’Onore, l’Ordine Nazionale al Merito… Sì, naturalmente. Questo perché ho creato molti posti di lavoro. Ora a Richemont lavorano 33mila persone nel mondo e in Francia abbiamo circa 10mila dipendenti. Quando ha creato la Fondazione Cartier, collegare l’arte contemporanea al lusso in un decennio come gli anni ’80 era fare politica in Francia. Per me era una cosa politica. Dovevamo trovare un’idea per far sì che Cartier fosse simile all’establishment. All’inizio degli anni ’80 era un’azienda di lusso e ai nuovi socialisti non interessava il lusso. Ricordo una discussione con [l’economista, scrittore e politico] Jacques Attali, nel 1978. Attali era un socialista e [François] Mitterrand non era ancora stato eletto [presidente della Francia]. I socialisti volevano nazionalizzare Cartier. Attali, che ha più o meno la mia età, è venuto a parlare con noi e gli abbiamo chiesto come pensava di fare la nazionalizzazione. Dopo 30 minuti gli abbiamo detto: “Monsieur Attali, quando si vuole annunciare una decisione politica del genere, bisogna fare una piccola ricerca. Cartier è un’azienda straniera dal 1934”. Il ragazzo è diventato bianco. Negli anni ’30 Louis Cartier ei suoi fratelli decisero di portare Cartier in Svizzera, quando Hitler era in Germania e c’erano difficoltà in Francia con il Fronte Popolare. Da allora è un’azienda svizzera. Lo hanno fatto per proteggere il marchio e alcune officine. E abbiamo aperto un negozio molto importante a Ginevra che oggi compie 80 anni.

Lo scultore César, Andy Warhol, Elton John … Le celebrità hanno avvicinato Cartier o Cartier alle celebrità come una strategia?

Siamo stati i primi a lanciare un orologio o un gioiello con le celebrità per amicizia. Elton John è un buon amico da 40 anni, Tina Turner lo stesso, e molti altri. C’era Richard Gere,

 

Scarpe Louboutin 2022: non semplici calzature ma favolosi gioielli

Scarpe Louboutin 2022: non semplici calzature ma favolosi gioielli

di Roberto Luongo

Ecco le proposte di Christian Louboutin per la stagione che sta arrivando. Tra cascate di diamanti, particolari preziosi in oro e argento ed eleganti pizzi, la collezione Autunno/Inverno 2018-2019 mostra tutto l’estro creativo di Christian Louboutin.

A pochi mesi dalla risoluzione della causa intentata dalla Maison francese Christian Louboutin ai danni del brand Van Haren, la nuova collezione di scarpe Louboutin è già pronta a far innamorare ogni donna.

Immancabile la suola rossa, tratto distintivo del brand francese e simbolo internazionale di lusso ed eleganza, ma tra cascate di strass, oro, e pizzo il rinomato stilista Christian Louboutin ha dato ancora una volta prova del suo estro creativo e del suo gusto raffinato. Dagli stivali alle sneakers, dalle ballerine ai sandali, dai tronchetti ai classici decollete, la collezione Autunno/Inverno 2021-2022 ne ha per tutti i gusti!
Decollete: per chi ama brillare nelle occasioni speciali come eventi importanti, cerimonie e cene di gala. Cosa rende un look più sofisticato ed elegante di una scarpa gioiello? Louboutin però ha un’idea tutta sua, molto più glamour e chic dei soliti sandali gioiello che siamo abituate a vedere al piede di una donna.

Come la favolosa Degrastrass, una Pumps tacco 100mm, di vera pelle. Strass applicati minuziosamente a mano contornano la scarpa in pvc, mostrando la femminiltà del piede e le sue curve.