Top model, stilista, eletta Lady Universe, icona di bellezza ed eleganza, Regina fu musa oltre che grande amica di Andy Warhol, che le dedicò una coppia di ritratti.  Dopo aver pubblicato l’articolo sulla sua lodevole iniziativa a favore degli operatori sanitari, abbiamo chiesto e gentilmente ottenuto un incontro con Regina Schrecker. Ne è scaturita un’intervista, curata da Domenico Briguglio,  piena di spunti interessanti, dalla quale è emersa la personalità dinamica, vulcanica di questa vera Regina della moda.

  • Regina cosa l’ha spinta alla sua ultima iniziativa?

– Verso la fine di Gennaio avevo visto su internet immagini impressionanti sull’andamento di questa nuova malattia, il Covid 19, in Cina e mi sono chiesta, oltremodo preoccupata, cosa avrebbe potuto accadere se quella situazione si fosse replicata in Italia. E poi..venne Codogno.. Fu per me un duplice shock, sia per il timore del contagio che per le possibili ricadute negli spostamenti personali che per me, abituata a muovermi per il mondo senza sosta, sono parte irrinunciabile ed inscindibile della vita. A poco a poco però la mia parte più ottimistica prese il sopravvento e cominciai a pensare ad un “dopo”, una rinascita che certo non sarebbe mancata. Nacque così l’idea del foulard, speranza nel futuro ed insieme testimonianza della mia gratitudine a chi stava combattendo la malattia in prima linea.

  • Com’è iniziata l’avventura nel mondo della moda?

– Ero in un bar a Firenze ed un signore, molto distinto, mi avvicinò chiedendomi se mi sarebbe piaciuto sfilare. Quel signore era Emilio Pucci.. Andai nel suo atelier e quello che vidi non mi convinse: declinai la proposta. Qualche tempo dopo, in via della Spiga a Milano, fui avvicinata da un’altro distinto signore che, con garbo e cortesia, mi chiese se avessi voluto partecipare ad un Carosello.. Pensi:un Carosello! Ovviamente accettai! La mia parte consisteva nel condurre un carrello in un supermercato con una sola battuta: ” Dice a me?!” in risposta ad una voce proveniente da fuori campo. Indossavo per l’occasione un abito Courrege, forse il massimo in quel periodo.. Ne vennero poi altri, con Johnny Dorelli, Enzo Jannacci, Walter Chiari..

  • Solo caroselli o altri impegni?

– Anche altro: sfilate a Parigi, Londra, New York..

  • Dove poi ha conosciuto un certo artista..

– Sì. Andy Warhol. Un amico mi aveva accompagnata alla sua “Factory”. Contrariamente a quanto si possa pensare Andy era una persona timida, un po’ introversa, che riusciva ad aprirsi solo con chi dimostrava di meritare la sua amicizia. Ci siamo ” ammirati” a vicenda: lui da artista era colpito dal mio modo di stare sulla passerella, un apparire senza “darsi” al pubblico. Io invece ammiravo la sua capacità, unica, d’incanalare la grafica nell’arte, creando un genere nuovo che gradualmente ha conquistato il mondo.

  • Qual’è stato il passo ulteriore?

– Mi ero stancata del ruolo di “oggetto”: la mia insofferenza, giunta all’estremo mi spinse a passare dall’altra parte, quella dei creatori. Alla fine degli anni ’70 ricoprii un ruolo specifico per alcuni brand di moda, quello della “stilista di linea”. Ma mi stava stretto. Nel 1980 il passo decisivo: l’esordio con il mio brand, da ” total look”, ovvero la creazione di tutti gli elementi di vestiario, inclusi anche gli accessori.

  • Dal passato al futuro: cosa ci dobbiamo aspettare?

– Sto partecipando insieme ad altri artisti ad un progetto triennale per la città di Firenze. La commemorazione dei 700 anni della morte di Dante Alighieri. IL progetto, davvero enorme, include componenti di tutte le arti: musica, teatro, poesia, ovviamente moda con ampio spazio a tutte le maestranze specializzate, veri artigiani, che realizzano la confezione degli abiti. Non mancheranno anche esperti che proporranno dissertazioni teologiche, essenziali per comprendere l’opera del grande poeta. Ogni anno vedrà la messa in scena di una parte della Commedia a partire, ovviamente, dall’Inferno. Ogni fase della preparazione sarà puntualmente documentata da operatori web onde far conoscere al pubblico mondiale ogni aspetto, anche il più recondito, della costruzione dell’evento.

  • Cosa avvenne dopo quegli avvenimenti di New York?

– Fu un’esperienza che durò anni, culminata con il ritratto che Andy volle dedicarmi. Solo che il ritratto si sdoppiò: diventarono due, che lui portò poi a Milano, presenziando con altri amici, tra i quali Basquiat, ad una mia sfilata. Due ritratti che sono diventati le icone della mia maison. Da lì la strada divenne in discesa, talvolta con ostacoli imprevisti, talaltra condita da successi frutto di accurata programmazione, mai del caso.

  • Se dovesse tornare indietro cambierebbe qualcosa di quello che ha fatto?

– Assolutamente nulla, rifarei tutto quello che ho fatto, in tutto e per tutto.

Domenico Briguglio