di Roberto Luongo

C’è un’azienda a San Cesario sul Panaro, di cui conoscerete certo il nome, è la Pagani, l’azienda nata dal sogno di un uomo nato in Argentina, ma con l’Italia dei suoi avi nel sangue e che un bel giorno ha deciso che avrebbe costruito automobili da sogno – e che lo avrebbe fatto in Italia.

La nascita della casa automobilistica coincide con quella di Horacio Pagani, argentino di origini italiane (il nonno paterno era piemontese) che nel 1982 prende la via di ritorno, direzione Modena, su consiglio dell’idolo di gioventù Juan Manuel Fangio. La gavetta passa per l’assunzione alla Lamborghini con qualifica di operaio metalmeccanico di terzo livello, l’affinamento delle proprie competenze per il lavoro nei team di progettazione della Countach Anniversary, della Diablo e della mai nata erede della Jalpa, rimasta alla sigla P140: prima come dipendente e poi come collaboratore esterno, dopo avere fondato nel 1988 la Pagani Composite Research.

Verso la fine degli anni ottanta, Pagani fa circolare i primi disegni di una granturismo, che vorrebbe chiamare Fangio F1 (il nome interno è C8): nel 1992 il primo prototipo è pronto, e i buoni uffici della leggenda Fangio presso la Mercedes assicurano a Pagani la fornitura di motori AMG. Nel 1995 il cinque volte iridato Juan Manuel Fangio muore, e Pagani per rispetto cambia il nome alla propria vettura, che ancora deve essere presentata: diventa così Zonda, un vento delle Ande secco e polveroso, simile al foehn delle nostre Alpi. La Zonda vede la luce al Salone di Ginevra del 1999: le linee ricordano le Gruppo C della stessa AMG; il motore è un 6.0 V12 che, nel 2000, con la versione S, diventa prima un 7.0 e poi un 7.3, con 558 CV di potenza. Le varie evoluzioni della Zonda portano a una potenza massima di 650 CV, e alla costruzione in circa 80 esemplari con carrozzeria coupé o roadster. La sua erede, la Huayra, è il modello che traghetta la casa modenese fino ai giorni nostri.

Trattasi di auto per veri e propri intenditori, anche se, essere intenditori della Pagani auto, non basta per possederne una: stiamo parlando di un marchio a dir poco prestigioso del panorama automotive mondiale. La Pagani fa infatti rima con super car: la sua fortuna la si deve al suo fondatore Horacio. Inoltre, va detto, l’avere avuto i natali in territorio modenese ha aiutato l’azienda a diventare il simbolo, il mito, che è oggi. E pensare che il “papà” della Pagani nasce in Argentina e solo in un secondo tempo arriva in Italia, e – appunto – a Modena.

Ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire qualche cosa di più di questa casa automobilistica italiana Siamo negli anni ’90 – dunque quasi “ieri” – quando Horacio Pagani, argentino di origini italiane ma trapiantato in territorio modenese, fonda la Pagani Automobili, una Casa automobilistica il cui core business sono le supercar di lusso. L’indirizzo è San Cesario sul Pagano, naturalmente in provincia di Modena, culla di tanto genio nel settore della meccanica. Ma prima di entrare nel merito della Pagani, un cenno alla biografia di Horacio Pagani, suo fondatore nonché proprietario, è d’obbligo. Non si può infatti prescindere dalla sua storia, per raccontare quella della Pagani.

Horacio Pagani nasce nel 1955 in Argentina, nei pressi di Santa Fe, e lì trascorre la sua infanzia: è figlio di un immigrato italiano di origini lombarde. Come è giusto che sia quando si parla di personaggi della sua taratura, appare quasi superfluo raccontare che fin da subito il piccolo Pagani dimostra il suo amore innato per tutto quanto ha un motore, in primis auto e moto.

Nel 1982 arriva in Italia e infatti, ancor prima della maggiore età, Horacio si cimenta in una prima avventura imprenditoriale. Da quel momento non smetterà mai di dedicarsi al mondo automobilistico: in particolare, impara a lavorare la fibra di vetro e per questo motivo viene notato dalla Renault: in poco tempo è nel team. Un’esperienza importante, che gli lascia una bella eredità: Horacio è in grado di progettare e realizzare auto leggere.

A Modena ci arriva perchè a un certo punto conosce Guido Alfieri, all’epoca ingegnere capo della Lamborghini. E infatti, dopo Renault, la carriera di Pagani prosegue proprio in Lamborghini. Un marchio certamente prestigioso, che però non dà a Pagani la soddisfazione ricercata: le mansioni non sono quelle che si aspetta. Decide quindi di lasciare Lamborghini per aprire un’attività tutta sua.

Naturalmente muove piccoli ma decisivi passi: prima si fa strada sul territorio, al servizio dei locali, per poi aprirsi al mondo e diventare la casa automobilistica nota a tutti. Pagani e “la” Pagani puntano principalmente sui materiali leggeri: l’argentino sa che alleggerire il peso dell’auto è il primo passo verso il successo. In modo particolare, Pagani è innamorato della fibra di carbonio. Questo amore gli costa: è ancora in Lamborghini quando decide di fare un investimento che lo farà svoltare.

Per acquistare l’attrezzatura idonea a lavorare la fibra di carbonio, deve mettere una sorta di ipoteca sulla propria casa. I frutti dell’investimento non tardano ad arrivare: alla fine degli anni Ottanta, dalla collaborazione tra Pagani e Lamborghini nasce la Countach.

E’ il 1988 quando Pagani inizia a lavora al cosiddetto Progetto C8, ossia la realizzazione di una auto interamente in fibra di carbonio e la Pagani vede la luce. Ma la Lamborghini non è più la “vecchia” Lamborghini, nel frattempo è diventata proprietà della Chrysler. La quale, del progetto C8, non è convinta. Horacio decide quindi di fondare la Pagani Automobili SpA e di lasciare la Lamborghini, per dare spazio al suo progetto.

E’ il 1993 quando nasce il primo prototipo interamente in fibra di carbonio. Nel 1999, a Ginevra, in occasione del Salone dell’Auto, ha luogo il debutto della prima auto in fibra di carbonio firmata Pagani: si tratta della Zonda C12. A tal proposito, va detta una curiosità: la Zonda C12 non avrebbe dovuto chiamarsi così, ma furono gli eventi dell’epoca a far cambiare il nome inizialmente prescelto.

Sebbene le automobili siano state forse il primo e il più grande amore per Horacio Pagani, ciò non gli ha impedito di sposarsi con Cristina e di mettere su famiglia, Frutto del matrimonio sono infatti due figli, Leonardo Ezequiel e Christopher. Quella di Pagani è un’impresa che inorgoglisce l’Italia, tanto che nel 2018 li è stata conferita la Laurea Magistrale Honoris Causa in Ingegneria del Veicolo dall’Università di Modena e Reggio Emilia.

La Pagani è infatti una sorta di punto di riferimento, un mito, qualcosa da premiare e da far visitare. Infatti, negli anni ha fatto parecchi proseliti, tanto che a San Cesario sul Panaro sempre in territorio modenese e precisamente in via dell’Industria ha luogo da circa un paio di anni – il Museo Horacio Pagani che ospita le sue creazioni.

Il museo può essere visitato quotidianamente secondo orari prestabiliti: ci si può andare liberamente o, ancora meglio, per accrescere la propria esperienza, si può prenotare insieme alla visita della fabbrica. Naturalmente visitando l’esposizione si possono ripercorre tutti i punti salienti della carriera di Horacio, perchè sono esposti tutti i veicoli che hanno fatto la storia della sua carriera e, quindi, la storia della Pagani.