Il viaggio di lusso? Ormai non più!

Il viaggio di lusso? Ormai non più!

di Giuseppe De Pietro  

Pensi di vendere viaggio meravigliosi? Il lusso sarebbe la svolta sicura per il tuo business che ahinoi, per il lusso non esistono tempi di crisi!

Gli italiani, si sa, difficilmente rinunciano alla vacanza: è per questo target non occorre stringere la cinghia.

La sorpresa? La soluzione può venir proprio da un settore ritenuto nell’immaginario intoccabile: quello del Luxury Travel. Come?

Stando, infatti, ai risultati del recente report «Shaping the Future of Luxury Travel», realizzato dall’Istituto Tourism Economics (parte di Oxford Economics Group) e Amadeus Travel Intelligence, proprio il turismo internazionale nel comparto del lusso è cresciuto in maniera superiore al resto del settore, registrando un +4,5% rispetto al 4,2% delle altre tipologie di viaggio. E sia chiaro: ciò non vale solo per ricchi sceicchi arabi o imprenditori multimiliardari. Il fenomeno è globale.

La spiegazione? Semplice.

Sempre di più oggi il vero desiderio del consumatore sta nel vivere una Customer Experience memorabile. E questa, come teorizzato al meglio da Brian Solis nel suo bestseller «X: The Experience When Business Meets Design», passa per acquistare, esser disposti a spendere anche un po’ di più pur di aggiudicarsi non tanto «prodotti», brand, oggetti anche di lusso in senso tradizionale, bensì «esperienze» così da sogno che siano – esse sì – quel lusso che finalmente osiamo concederci per rompere la routine della nostra frenetica vita fatta solo di obblighi e doveri.

«Experience is The New Brand. Experiences are The New Branding. Future is Experience», sentenzia Solis. In un tweet: «Se non sei un’Esperienza, non sei un Brand».

Del resto, anche Divia Thani, Editor-In-Chief di Condé Nast Traveller Magazine ha recentemente dichiarato: «Il nuovo lusso non è acquistare una borsa di marca, ma nuotare con i delfini, scalare le montagne, visitare luoghi lontani».

   In quest’ottica, il report ha rivisitato anche la cosiddetta «piramide dei bisogni» di Maslow, identificando le Luxury Traveller Tribes: la prossima generazione dei viaggiatori di lusso, da comprendere quanto prima, da parte degli operatori del mondo dei viaggi, al fine di realizzare prodotti e servizi su misura rispetto alle loro attese.

Si tratta, infatti, di una tendenza che, lungi dallo scemare, andrà semmai crescendo nei prossimi anni. Se già adesso le prenotazioni di alberghi di alta classe si mostrano cresciute del 7% fra il 2014 e il 2015 a livello mondiale, lo studio mostra una crescita stabile del 2,8% annuo dei viaggi tramite jet privato nell’Europa Occidentale: grazie non solo ai detentori di patrimoni ultramilionari, ma anche di piccoli gruppi organizzati. Un trend positivo che vale anche per l’Italia.

«Nei prossimi dieci anni il tasso di crescita dei viaggi di lusso oltreconfine si prospetta intorno al 6,2%, quasi di un terzo superiore al resto del mondo dei viaggi (4,8%), sintomo della progressiva polarizzazione del mondo dei viaggi», ha commentato Francesca Benati, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Amadeus Italia. «I viaggi di lunga tratta supereranno quelli fra Paesi di confine nel 2025». E attenzione: proprio grazie alle classi medie, sempre più pronte a investire in viaggi di lungo raggio verso nuove destinazioni, il Luxury Travel continuerà a espandersi con un +4% dal 2015 al 2022 nell’ambito delle prenotazioni alberghiere.

Andando a sbirciare nel dettaglio dei singoli Paesi o aree continentali, al momento emerge certo evidente la predominanza di Europa Occidentale, USA e Canada, che continuerà fino al 2025. Crescita a due cifre per la Cina, con un +12,2%, benché a un ritmo più lento. La Russia, prevista in ripresa dalla recessione degli ultimi anni, crescerà del 9%. Un po’ più di lentezza, invece, per il Brasile, fermo al 4,2% proprio per la mancanza di una classe media e la debolezza del real brasiliano rispetto alle altre valute mondiali. India al top, invece, con un impressionante dato di crescita del mercato del lusso pari al 12,8%. Nel Medio Oriente, infine, la crescita per il settore dei viaggi di lusso e dei viaggi in generale si attesterà su un tasso costante: in particolare, Kuwait, Qatar e UAE vedranno una crescita del settore del 4,4%, mentre il mercato del lusso si espanderà del 4,5%.

Aldilà di tanti numeri, due i concetti chiave da mandar a memoria per tour operator e addetti ai lavori, a partire da questo ricco report e dallo scenario globale cui rimanda:

  • Il «viaggio di lusso» non è più un lusso.
  • Non, almeno, in senso tradizionale: e in tale ottica non è per pochi, ma per un target medio, «normale», sempre più ampio. «Il concetto di Luxury Travel è soggettivo», sentenza chiaramente la ricerca già nella introduzione. «Per qualcuno può corrispondere alla crociera privata multimilionaria intorno all’Artico su uno yacht extralusso, per un altro all’avere il proprio chef cinque stelle Michelin preferito a propria completa disposizione», e via così. A far la differenza, non sono i soldi spesi per garantirsi quel viaggio, per aggiudicarsi quell’esperienza, bensì l’unicità, l’eccezionalità di quell’esperienza – la sua capacità di riconoscere l’esigenza, il bisogno, il desiderio più proprio del cliente, il «sogno» della persona che si ha dinanzi e nell’andare a realizzarlo al meglio. Nel garantire, insomma, al proprio «cliente-amico» una Customer Experiencedavvero indimenticabile: costosa, o anche no, che sia.
  • Questo «nuovo lusso» – per tutti o quasi – condividilo su social!
  • «Il nuovo lusso non è acquistare una borsa di marca, ma nuotare con i delfini, scalare le montagne, visitare luoghi lontani», diceva – si è ricordato – Divia Thani. Che continua però dicendo: «… E poi condividere le immagini sullo smartphone». Questo lusso, insomma, sarà anche a buon (o miglior) mercato, ma tanta parte della sua esclusività lo fa poter «mostrare a tutti», in tempo reale, l’eccezionalità di quanto si sta vivendo. Anche mangiare un panino, così, può divenire status symbol, farti sentir parte di una élite.

Se per il tuo «cliente-amico» organizzi un viaggio così, non dimenticare che sarà lui il primo a condividerlo su social network e social media. Dagli una mano allora! Rilancia i suoi contenuti, riposta gli scatti delle sue vacanze sui tuoi profili social, rilancia urbi et orbi le sue immagini del cuore. Amplificherai la sua visibilità e otterrai un guadagno doppio: far felice lui, che sarà lieto di veder così moltiplicata la portata del suo messaggio, e te, che ti ritroverai con l’ambassador – e cliente – più fedele che si possa… «sognare» per il proprio brand.

LONGINES GLOBAL CHAMPIONS TOUR 2018

LONGINES GLOBAL CHAMPIONS TOUR 2018

di Giuseppe De Pietro

Tornano i cavalli stellari al Csi cinque stelle del Global Champions Tour allo Stadio dei Marmi Pietro Mennea di Roma. Uno straordinario spettacolo  di cui saranno protagonisti i più titolati campioni del salto ostacoli.

Gli undici medaglie olimpiche per la 4° edizione del Longines Global Champions Tour Roma saranno presenti in questi giorni. Dati alla mano,  sono 3 i campioni olimpici in gara al Foro Italico: accanto ai britannici Scott Brash e Ben Maher, legati dallo storico oro a squadre conquistato proprio in casa (Londra 2012), c’è il tre volte “gold” Ludger Beerbaum. Il fuoriclasse tedesco è salito sul gradino più alto del podio in occasione di due edizioni dei Giochi (oro individuale Barcellona 1992, oro a squadre Seoul 1988 e Sydney 2000).

Un argento individuale e uno a squadre, seguono lo svedese Rolf Goran Bengtsson (medaglia a squadre Atene 2004, individuale Pechino 2008) ed il connazionale Peder Fredericson (medaglia a squadre Atene 2004, individuale Rio de Janeiro 2016). Due, ma di bronzo, sono anche le medaglie del tedesco Christian Ahlmann (Atene 2004 e Rio de Janeiro 2016), entrambe a squadre. Detentori di un argento “team”, sono l’olandese Jur Vrieling (Londra 2012), il britannico Michael Whitaker (Los Angeles 1984) e l’olandese Marc Houtzager (Londra 2012). L’elvetico Pius Schwizer (Pechino 2008) ed il tedesco Daniel Deusser (Rio de Janeiro 2016), invece, vantano un bronzo a squadre ciascuno.

LIFESTYLE, Amazzoni – Jennifer Gates

 

Gli atleti che detengono un titolo iridato a squadre: Ludger Beerbaum (Jerez de la Frontera 2002 e Aachen 2006), l’olandese Jur Vrieling (Caen 2014) e il francese Roger Yves Bost (Stoccolma 1990).

Ci saranno anche Christian Ahlmann (bronzo a squadre Aachen 2006), Simon Delestre (argento a squadre Caen 2014) e Michael Whitaker (bronzo a squadre Stoccolma 1990).

A livello europeo, per citare solo il metallo più prezioso a titolo individuale, sono 5 i protagonisti continentali iscritti alla tappa capitolina del circuito: il campione in carica Peder Fredericson (Goteborg 2017), Roger Yves Bost (Herning 2013), Rolf Goran Bengtsson (Madrid 2011), Christian Ahlmann (Donaueschingen 2003) e Ludger Beerbaum (Mannheim 1997 e Arnhem 2001).

Ci saranno i 5 cavalieri che risultano nella top ten Longines FEI Ranking (graduatoria mondiale): il numero 1 Harrie Smolders, Peder Fredericson (2°), Daniel Deusser (6°), Henrik Von Eckermann (7°) e Ben Maher (8°). Otto, invece, gli atleti che classificati tra i migliori 10 della ranking del Longines Global Champions Tour: Ben Maher (1°), Harrie Smolders (2°), Alberto Zorzi (3°), Daniel Deusser (4°), Edwina Tops-Alexander (6°), Christian Ahlmann (7°), Scott Brash (9°).

I più agguerriti saranno certamente Harrie Smolders, numero 1 al mondo e 2° nella classifica LGCT, e Ben Maher, 8° nella classifica mondiale, ma leader a livello ‘Global’. Il cavaliere britannico arriva a Roma ‘on a mission’, determinato ad aumentare il suo distacco dal collega olandese tanto da garantirsi il titolo 2018 con una tappa di anticipo sulla finale di Doha. Smolders e Maher dovranno comunque guardarsi le spalle dalla concorrenza di un azzurro pericoloso, Alberto Zorzi, terzo nella ranking LGCT. In cerca di una rimonta sul filo del rasoio è il tedesco Daniel Deusser, 6° migliore al mondo, ma 4° per quello che riguarda la classifica del circuito. In cerca del suo primo successo in un evento del circuito è invece lo svedese Peder Fredricson, 2° nella ranking mondiale, mentre cercherà di tornare sul podio il suo connazionale Henrik Von Eckermann che si impose già a L’Estoril nel 2013 con Gotha FRH.

Tra i pretendenti al trono di Roma non si possono certo sottovalutare l’australiana Edwina Tops-Alexander ed il britannico Scott Brash, entrambe già 2 volte vincitori del campionato targato ‘Global’ (2011 e 2012 per la Tops-Alexander e 2013 e 2014 per Brash).

Sono tutti decisi a non mollare quando mancano due tappe (Roma e Doha) prima dell’assegnazione del titolo 2018.

Primo fra tutti, l’inglese Ben Maher, capolista della graduatoria. “Ci siamo, ma tutto può cambiare”, ha dichiarato Maher. “A Valkenswaard (la tappa precedente, ndr) non è andata molto bene, ma i miei cavalli hanno potuto godere di un periodo di riposo prima di Roma. Il mio obiettivo è quello di prendere qualche punto in più”. Il programma di Ben Maher è chiaro: distaccare ulteriormente l’olandese Harrie Smolders (secondo nella ranking LGCT) e il nostro Alberto Zorzi (terzo), fino ad assicurarsi la vittoria del circuito allo Stadio dei Marmi.

Sognando il ritorno di una leggenda l’Alfa Romeo,  la “33 Stradale”.

Sognando il ritorno di una leggenda l’Alfa Romeo,  la “33 Stradale”.

Alfa Romeo 33 Stradale, hypercar milionaria anche elettrica, prodotta in soli 33 esemplari, già tutti venduti

di Giuseppe De Pietro

   Svelata al Museo storico di Arese la vettura ispirata al gioiello del 1967. Telaio e motore V6 Nettuno della Maserati MC20 evoluto, potenza di oltre 620 Cv e velocità massima di 333 km/h. Disponibile anche una versione elettrica su base Maserati Folgore: ben 750 Cv. Produzione limitata a 33 esemplari, prezzo milionario.

Elevatissima la personalizzazione, fonte di profitti notevoli per i brand premium: ogni modello è stato sviluppato dalla neonata “Bottega” di Alfa Romeo con sede nel Museo di Arese a stretto contatto con il cliente per creare vetture uniche, con la possibilità di firmare il numero di telaio. La 33 Stradale consolida il percorso di Alfa Romeo nella produzione di esclusive “few-off” realizzate con processi artiginiali a stretto contatto con il cliente.

“Con la nuova 33 Stradale abbiamo voluto creare qualcosa che fosse all’altezza del nostro passato e di cui gli Alfisti potessero essere orgogliosi. È la prima “fuoriserie” del marchio dal 1969, e prometto non sarà l’ultima”, afferma Jean-Philippe Imparato, Ceo di Alfa Romeo.

Con la 33 Stradale Alfa Romeo si pone un obiettivo ambizioso: creare una vettura da pista adatta all’utilizzo quotidiano. Il telaio è in alluminio e fibra di carbonio. Il design presenta una parte frontale dalle linee muscolose con l’iconico scudetto o trilobo e gruppi ottici a base ellittica. La linea laterale è slanciata, con porte ad apertura “elitra” e due ampie prese d’aria. Grazie all’apertura ad angolo delle porte e all’ampia vetratura del tetto, la sensazione per il guidatore è di essere a bordo di un jet. La parte posteriore è caratterizzata dalla coda tronca con fanali tondi e il design a “V” del cofango (cofano e parafango). Per scelta non ci sono profili attivi per la gestione dell’aerodinamica. All’interno spiccano due elementi iconici: volante sportivo a tre razze senza comandi e il quadro strumenti a “cannocchiale”.

Per assicurare performance e piacere di guida la nuova 33 Stradale ha sospensioni a doppio braccio con ammortizzatori attivi e monta un propulsore 3.0 V6 biturbo in posizione centrale e trasversale. La potenza è di oltre 620 CV, con cambio Dct a 8 rapporti. La trazione è posteriore con differenziale elettronico. La versione elettrica (Bev), avrà invece una potenza di oltre 750 CV e un’autonomia stimata in 450 km (WLTP). Impressionanti le performance: 333 km/h di velocità massima indicata e accelerazione da 0 a 100 km/h in meno di 3 secondi, frenata da 100km/h a 0 in meno di 33m. Il set up si avvarrà della collaborazione del pilota di F1 Valtteri Bottas sulla pista di Balocco.

Due le modalità di guida Strada e Pista per portare la vettura al limite con la possibilità di disattivare il controllo di trazione e di utilizzare l’opzione partenza veloce attivabile con il tasto “Quadrifoglio”. Il sistema frenante è dotato di tecnologia Alfa Romeo Brake-By-Wire con dischi carboceramici Brembo. Tre le colorazioni disponibili due tonalità di rosso e blu imperiale. Due le proposte per gli interni: Tributo in pelle e alluminio o Alfa Corse in carbonio e alcantara.
Giuseppe De Pietro
Le signore del vino. Storia di Chiara Lungarotti, l’imprenditrice del vino con l’Umbria nel cuore

Le signore del vino. Storia di Chiara Lungarotti, l’imprenditrice del vino con l’Umbria nel cuore

di Roberto Luongo

 Una vita dedicata alla cantina che è passione, storia, tradizione e famiglia

Come può un vino entrare nel mito? Innanzitutto, gli serve una storia forte, una di quelle che si raccontano come le favole. Poi, ovviamente, deve essere in grado di fare grandi cose, molte di più di quelle promesse. Infine, serve un personaggio fuori dall’ordinario, dalla vita incredibile e dalla personalità forte.

La rivoluzione del vino non è solo cosa da uomini. Lontani i tempi in cui era considerato esclusivamente appannaggio maschile, la metà “in rosa” dell’universo ha saputo ritagliarsi uno spazio sempre più importante, contribuendo a cambiare il corso della storia nel settore enologico. Parliamone con le “signore del vino” che meglio hanno saputo caratterizzare il successo dell’imprenditoria al femminile. Un racconto a più voci, a tu per tu, quello delle donne più influenti del vino in Italia che conducono e rappresentano l’eccellenza nel mondo, tra esperienze di vita passata e progetti futuri. Chiara Lungarotti di Cantine Lungarotti racconta a Egoista Magazine.

Imprenditrice di successo e grandi passioni. Chiara, la sua vita si divide tra l’amore per la sua terra, il suo lavoro e la sua famiglia. Come si svolge la sua giornata tipo?

Sveglia la mattina presto, il tempo per leggere il giornale e scaricare la posta al volo, ed è già ora di svegliare mio figlio, fare colazione insieme e fare un po’ di strada con lui verso la scuola a piedi. Andando in azienda mi fermo a fare la spesa, perché voglio scegliere personalmente tutto ciò che i miei cari mangiano ogni giorno. La giornata prosegue con una visita veloce in cantina, poi a seguire gli incontri con i collaboratori più stretti, dal commerciale all’amministrazione. Di solito, salvo impegni di lavoro, preferisco rientrare a casa per pranzare con la mia famiglia. Il pomeriggio in genere è riservato alle vigne, e poi all’ufficio dove resto fino alle 19 circa. La serata prosegue in famiglia, con la cena e la lettura di un bel libro insieme a mio figlio prima che si addormenti. Tutto questo naturalmente quando non sono in giro per l’Italia o per il mondo a promuovere i nostri vini, cosa che capita piuttosto frequentemente!

Sono cresciuta in azienda tra le vigne, dove mio padre mi portava sin da piccola. Ricordo che mi costringeva a camminare scalza perché voleva che imparassi a “sentire” la terra sotto i piedi. Dopo il liceo classico mi sono iscritta ad agraria ed ho iniziato a lavorare in azienda quando avevo 21 anni. Mi sono poi laureata con una tesi in viticoltura, la mia grande passione! È stato duro convincere un uomo di grande esperienza ma di una certa età come mio padre a introdurre le tante innovazioni in campagna apportate in quel periodo. Da quando ci ha lasciato nel 1999, la nostra è un’azienda al femminile. Sono amministratore delegato delle aziende che fanno capo alla nostra famiglia, mia sorella Teresa si occupa di comunicazione e marketing e infine nostra madre Maria Grazia dirige la Fondazione Lungarotti, che gestisce il Museo del Vino ed il Museo dell’Olivo e dell’Olio a Torgiano.

Com’è stata accolta la donna imprenditrice Chiara Lungarotti da un settore guidato soprattutto da uomini?

Ricordo che all’inizio eravamo due donne a sedere nel Consiglio di Federvini, una proveniente dal mondo degli spiriti e l’altra da quello del vino, ed ero l’unica a sedere in Cda di Unione Italiana Vini. In entrambi i casi ero la più giovane e ho avuto modo di apprendere molto dall’esperienza di tutti gli altri consiglieri. In questi ultimi anni le cose stanno cambiando, e oggi molte altre bravissime donne occupano posizioni di rilievo che un tempo erano prevalentemente “al maschile”, sia in azienda che negli organismi rappresentativi del settore.

Parliamo di quote rosa. Le donne rappresentano una realtà ormai più che consolidata nella produzione e nella promozione del vino, cosa ne pensa?

Penso che un’ottima preparazione al pari della serietà e della passione con cui si affronta la propria professione siano fondamentali per il successo, indipendentemente dal genere di appartenenza.

Pensa che ci siano ancora resistenze, pregiudizi o discriminazioni?

Per la mia esperienza posso affermare che questi atteggiamenti appartengono al passato. Per fortuna.

Quali ritiene essere le qualità femminili più importanti per emergere in questo settore? E che valore aggiunto dà una donna al mondo del vino?

La cura del dettaglio e la capacità di essere multitasking sono doti naturali per noi donne, e sono quelle che ci consentono di seguire contemporaneamente tutti gli aspetti della vita aziendale, dalla produzione alla comunicazione. Nel mio caso prevale la cura del dettaglio, quasi maniacale, al pari della determinazione.

Tre aggettivi che definiscono speciale la “donna del vino” contemporanea.

Preparata, internazionale, visionaria.

La comunicazione attraverso il vino cambia grazie ad una voce femminile?

Il vino è l’espressione più profonda di un territorio, della sua storia e delle sue tradizioni e questo va comunicato sempre, al femminile ma anche al maschile.

Com’è cambiato, e sta cambiando, il modo di fare comunicazione? Crede nelle opportunità offerte dal web e dai digital media?

I nuovi mezzi di comunicazione sono fantastici per comunicare con la massima trasparenza tutto ciò che facciamo in vigna e in cantina. Per questo in azienda abbiamo una squadra giovane, dinamica e smart che se ne occupa. Diverso è il discorso su piano personale: tengo alla mia privacy e quindi preferisco non utilizzare Facebook o Instagram.

Che cos’è per lei il vino?

Il vino per me è passione, storia, tradizione, famiglia… è la mia vita!

Come immagina il futuro produttivo e commerciale della sua azienda?

Immagino una crescita che si consolida anno dopo anno, non solo sul mercato nazionale ma anche nel mondo.

Oggi si parla molto di eco-sostenibilità, biodiversità ed impatto della vitivinicoltura sul territorio. Qual è il suo pensiero in proposito all’impegno verso l’ambiente?

Ritengo di vitale importanza operare in modo sostenibile in campagna perché dobbiamo fare la nostra parte per preservare il più possibile l’ambiente da cui dipende il futuro nostro e quello dei nostri figli. In Lungarotti portiamo avanti una viticoltura sostenibile da oltre vent’anni. Abbiamo cinque capannine meteo nei nostri vigneti di Torgiano, che ci consentono di entrare in vigna solo se strettamente necessario, mentre la tenuta di Montefalco è in regime biologico dal 2010. Ridurre gli sprechi è un diktat quotidiano, in tutte le nostre attività. La nuova sfida però è lavorare nella direzione di un residuo zero, sia nel prodotto che nell’ambiente circostante.

Oltre alla passione per il vino, c’è però anche quella per…?

Per il giardino – guai a chi tocca le mie rose e le mie ortensie – per la montagna, sia d’inverno che d’estate, e per i viaggi con mio figlio: adoro portarlo in giro per l’Italia e per l’Europa per fargli conoscere la nostra storia e le nostre radici. Solo un solido background gli darà la capacità di affrontare le incredibili – e per noi immaginabili – sfide che dovrà affrontare la sua generazione.

Con chi, tra le donne della storia, della cultura o della scienza, del passato o attuali, sceglierebbe di degustare un calice di vino e perché?

Con Ipazia, perché la libertà di pensiero è una delle più grandi conquiste della nostra società e va difesa a tutti i costi. Ma anche con Maria Montessori: grazie al suo metodo sin dalla scuola elementare, ho imparato a impegnarmi per vincere le piccole e grandi sfide quotidiane che incontro. Berrei un calice di vino anche con Santa Scolastica: nell’ombra del fratello creò l’ordine delle benedettine che, con la massima ora et labora, ha nei secoli contribuito a non far disperdere un patrimonio di conoscenze e di tradizioni oggi a rischio. Infine con tutte le grandi donne del passato che, rimaste sole, hanno preso in mano l’azienda della propria famiglia, facendola crescere e prosperare con grande beneficio per tutti coloro che vi lavoravano e per il proprio territorio di origine.

Per finire, un consiglio alle “donne del vino” di domani.

Saper sempre portare avanti il difficile equilibrio tra la propria passione – nel mio caso il mio lavoro di produttrice a tutto tondo – e la famiglia.

Silena un hotel Zen In Alto Adige immerso nella natura

Silena un hotel Zen In Alto Adige immerso nella natura

Il Silena, un albergo dove l’Oriente incontra le Dolomiti. Tra esercizi di respirazione e pratiche guidate, yoga e Qi Gong, vasca onsen in terrazza, lounge letteraria, stanze del silenzio e sei suite con area meditazione e sauna privata.

di Marcela De Pietro

Il primo zen hotel in Italia con vasca onsen immerso nella natura esiste, e si trova in Alto Adige

In Alto Agide, a Valles, si trova a 1.354 m, circondati dalle piante benefiche della torbiera alta, c’è un luogo in cui le tradizioni altoatesine si fondono con i segreti del sud-est asiatico: il SILENA, un zen hotel con spa e vasca onsen, progettato dallo studio noa*, e a conduzione familiare. Un gioiello incastonato in un paesaggio fiabesco dove poter immergersi per vivere un’esperienza che accarezza il corpo e la mente. Luogo del buen retiro, “your soulful hotel”, dove l’anima è al centro, secondo una filosofia del benessere nata dai frequenti viaggi in Oriente. E oggi viene tradotta in un linguaggio che tiene conto delle influenze del sud-est asiatico, ma anche della cultura altoatesina, e dell’importanza del contatto con la natura per raggiungere una pace interiore assoluta.

«Nasce dopo diversi viaggi in Asia l’idea di creare un albergo ispirato ai rituali e alle usanze dei paesi dell’Estremo Oriente, elementi centrali del design e integrati nella visione dell’hotel», spiega Magdalena Mair, proprietaria dell’albergo insieme al fratello Simon. L’intero concept d’interior rievoca infatti questo immaginario. L’ospite è invitato ad avvicinarsi all’Oriente già all’entrata dell’edificio, dove attraversa un portale d’ingresso, realizzato secondo una tecnica asiatica che riprende la purezza della composizione tradizionale in legno, con semplici travetti orizzontali e verticali. Per conferire ancora più importanza al momento dell’accoglienza, le pareti in quest’area sono state tinteggiate di nero con una tecnica a spatola ruvida con inserti minerali. L’ingresso si trasforma quindi in una sorta di tunnel che segna l’inizio dell’esperienza in un luogo dedicato al corpo e allo spirito.

     Al Silena si è subito accolti in un ambiente aperto, dove lasciarsi trasportare dalle bellezze naturalistiche e dall’atmosfera orientale. La fontana in pietra, l’area camino e le confortevoli nicchie dove sedersi tolgono inoltre alla reception, posizionata volontariamente a lato, la rigidità del classico check-in. Le note asiatiche sono delicate ma onnipresenti, e si ritrovano sotto forma di legno scuro abbinato ai toni del blu e del grigio, di delicati bonsai di pino in ciotole di ceramica, di massi verticali in pietra locale, di discrete luci a forma di lanterne. Un’intera parete è riservata alle ruote della preghiera tibetane, cilindri in legno che con il tocco delle mani vengono fatti girare su sé stessi.

Linee chiare creano un’atmosfera armoniosa, e donano alla struttura una particolare sensazione di calma e profondità. Quasi come un’appendice in questo scenario si inserisce la classica stube tirolese, risalente ai tempi del maso Moarhof, di cui era il cuore pulsante. Il suo aspetto storico e il legno antico vengono maggiormente evidenziati dall’adiacenza con la moderna area bar, caratterizzata dalle pedane minimaliste per la cerimonia del tè. «La stube e la stanza del tè sono separate l’una dall’altra solo da dal sottile telaio della porta: sembrano rendere visibile il passaggio tra le origini e il futuro di Silena», spiega Christian Rottensteiner, architetto a capo del progetto.

Gli spazi in una visione olistica colpiscono quindi per una serie di elementi tipici del sud-est asiatico combinati con complementi di design contemporaneo e materiali altoatesini come il legno di pino cembro e di quercia affumicata, fil rouge di tutto l’edificio. Così, il paesaggio circostante della palude, che inizialmente dava il nome al maso originario (“Moar” in dialetto locale significa palude) penetra nell’edificio e riecheggia in colori e materiali.

Sei nuove suite, che spaziano dai 30 a 55 metri quadrati, sono caratterizzate da un affascinante gioco di luci e ombre, di visibilità e intimità. In ogni camera sono stati previsti un angolo dedicato alla meditazione, il tavolo cerimoniale e una sauna privata. Inoltre, il tema asiatico continua anche sulla terrazza: un piccolo giardino di fronte a ogni suite è dotato di vasca da bagno, rievocando il tradizionale ofuru, l’antico rituale del bagno giapponese che originariamente si svolgeva in vasche di legno hinoki. Ma si ritrovano anche piccole aiuole e tende come una stanza all’aperto, elementi simbolici della cultura orientale.

Grande spazio viene dato per purificare lo spirito con la pratica dello yoga. La Resident Yoga Teacher tiene lezioni più volte alla settimana (7 per la precisione, livelli 1 e 2) nella Kingdom of Yoga, con accesso diretto al giardino. Quando è possibile le lezioni si tengono anche all’aperto, accanto alla piscina, a volte nella terrazza sul tetto, su un prato o nel bosco.  Per chi intende fare una vacanza interamente dedicata allo yoga, il Silena organizza inoltre ritiri yoga, intensi viaggi di un paio di giorni per piccoli gruppi con 3 ore al giorno di pratica, durante i quali è possibile fare ulteriori esperienze “soulful”, come le escursioni nel bosco con esercizi di respirazione o di meditazione all’aperto.  In hotel è sempre disponibile una sala di meditazione per praticare da soli o in coppia fuori dagli orari delle meditazioni guidate con le campane tibetane o le essenze aromatic

Altra parte molto importante per la ricerca del proprio benessere è dedicata alla lettura. È presenta un lounge letteraria che custodisce circa 1.000 libri, attentamente selezionati da Magdalena, per immergersi nella lettura e ritagliarsi tempo per sé stessi. Ma ci si può anche far portare in camera un carrello di libri da cui scegliere il proprio oppure ordinare un libro dal “menù” e farselo “servire” per il caffè o ascoltare un’“infusione di parole” in sauna (una lettura registrata dall’autore altoatesino Lenz Koppelstätter).

Ed è qui che è possibile regalarsi qualche coccola e recuperare l’armonia tra corpo e mente. Una Spa e meditazione, dove trovare la tranquillità dell’anima. Al piano inferiore si trova il centro wellness con le sue stanze massaggi (imperdibili quelli con i sacchetti caldi al fango o le pietre di granito) e l’accesso diretto al Giardino dell’Essere, dove poter meditare o camminare su erba e muschio per un contatto diretto con la Terra. Si prosegue nelle altre aree che prevedono un’infinity pool (interna ed esterna, riscaldata), un’outdoor living room con braciere, una biosauna alle erbe, il bagno di vapore ai profumi del bosco e tante nicchie private per piacevoli momenti di tranquillità. All’ultimo piano si trova la SPA sulla terrazza, luogo energetico dove respirare a pieni polmoni l’aria fresca di montagna e godere del magnifico paesaggio attraverso le vetrate della sauna panoramica (80-100 °C e infusi rivitalizzanti). C’è poi la stanza del silenzio con vista mozzafiato dove potersi abbandonare a piacevoli momenti di relax. Infine, l’esclusiva SILENA Silence Suite, una spa privata da riservare per momenti speciali con sauna finlandese, bagno turco, vasca idromassaggio, letto a baldacchino e un programma wellness individuale con trattamenti beauty e massaggi.

All’ultimo piano è anche possibile scoprire la zona ispirata alle sorgenti termali giapponesi chiamate “Onsen”, termine che indica le bolle d’acqua calda di numerosi vulcani nelle isole del Giappone. Ed è proprio in questo luogo di relax che trovano spazio un’area con rituali doccia e una piscina all’aperto con acqua a 40 gradi, dove immergersi per vivere un’esperienza onirica circondati dalla natura. Nella cultura nipponica viene usata per rilassarsi dopo intese giornate di lavoro. A creare una suggestiva messa in scena sono il disegno delle gradonate della piscina e la materialità in cemento nero a vista che lasciano scorrere l’acqua sul bordo a sfioro come una cascata. In più le superfici ruvide e la sensazione particolare che ne deriva sottolineano il cerimoniale meditativo della pietra minerale lavata dall’acqua. È previsto un rituale di diverse fasi per immergersi nella vasca di acqua calda di sorgente proveniente dalle montagne di Valles e ricca di minerali della pietra vulcanica dell’Altopiano dello Sciliar: prima un minuzioso lavaggio in doccia con acqua fredda e pulita servendosi dell’apposito secchio di legno, uno shampoo per corpo e capelli e un risciacquo con acqua calda (la pulizia simboleggia il liberarsi dal peso degli influssi negativi); poi si entra lentamente nella vasca fino ai fianchi e piano piano fino alle spalle, si avverte il calore del corpo e ci si abbandona al relax, aiutandosi da qualche esercizio di respirazione per prendere coscienza di questo momento in maniera più intensa e versandosi di tanto in tanto l’acqua addosso con il secchio di legno; infine, usciti dalla vasca e indossato l’accappatoio, e una pienezza di spirito davvero unica.